Dispensa dalla collazione nella donazione: conseguenze della clausola (5)

Il donante può esonerare il donatario dalla collazione. Ciò avviene mediante una espressa dichiarazione di dispensa. Nella futura successione ereditaria la dispensa ha effetto nei limiti della quota disponibile. Ex art. 737, II° co., cod. civ. Vediamo ulteriori aspetti della clausola. 

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Siamo al quinto articolo sulla collazione ereditaria delle donazioni. Vedi la nostra introduzione. Esaminiamo ora la clausola di dispensa dalla collazione. La dispensa può, essere contenuta tanto nell’atto notarile di donazione medesimo. Quanto nel testamento. Oppure nonché in un successivo atto “inter vivos” che abbia la forma della donazione. Sul punto, si veda Cass. n. 41133/2021 e 22097/2015.

L’esenzione nella donazione

E’ una clausola inserita dal notaio nell’atto di donazione. Non richiede particolari forme. Ad esempio, è scritto: “Il donante ha espressamente esonerato il donatario dall’obbligo di collazione”. La dispensa è un negozio giuridico autonomo ancorché collegato alla donazione. Infatti, tale clausola è strutturalmente inter vivos, come la donazione. Ma funzionalmente è mortis causa. Infatti la dispensa è destinata a disciplinare la successione del donante. Per tale motivo la clausola  può essere contestuale alla donazione. Ma anche inserita in un atto successivo. Ovvero contenuta in un testamento.

La dispensa tacita

In giurisprudenza si ritiene che l’esonero dalla collazione possa essere anche tacita. La clausola deve però necessariamente risultare sia pure implicitamente. Dal contesto della donazione o del testamento. Insomma, la clausola non può essere desunta da elementi estranei al testo. Si è esclusa la possibilità di ravvisare una dispensa tacita anche se c’è una clausola in conto disponibile. Come: “la donazione è fatta in conto della disponibile“. E’ vero che la dispensa opera nei limiti della disponibile stessa. Ma nella divisione ereditaria sono soggetti a collazione tutti i beni donati. Sia i beni prelevati sulla legittima, sia quelli prelevati sulla disponibile. Per tale motivo la clausola “in conto disponibile” è ambigua. E non può valere come dispensa.

La dispensa dalla collazione implica che la liberalità dispensata venga ignorata. In presenza di dispensa, al limitato fine della collazione, la successione e la divisione si svolgono come se la donazione non vi fosse mai stata. E come se il bene fosse uscito definitivamente dal patrimonio del defunto per qualsiasi altra causa non liberale.

L’azione di riduzione

L’unico limite è costituito dall’intangibilità della quota di riserva di altri legittimari. Ciò significa che l’esonero dalla collazione non sottrae il donatario agli effetti di una eventuale azione di riduzione. Tale azione potrebbe essere rivolta al donatario da un legittimario. Quest’ultimo la promuoverà per recuperare la quota parte dei beni donati. La parte in eccedenza della disponibile. Insomma il donatario dispensato può ritenere la donazione. Ma solo fino alla concorrenza della quota disponibile. Inoltre, se erede legittimario, nei limiti della sua quota di riserva.

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